La prospettiva sistemico relazionale è la cornice entro la quale mi muovo. Questo approccio nasce negli anni ‘50 negli stati Uniti, sulla scia della Teoria della Prima e della Seconda Cibernetica e della Teoria dei Sistemi, grazie al contributo di Von Bertalanffy, Bateson, Jackson, Haley, Watzlawick, Bowen e si diffonde in Italia negli anni ‘80, grazie all’opera di Mara Selvini Palazzoli, Giuliana Prata, Luigi Boscolo e Gianfranco Cecchin.

L’orientamento sistemico relazionale cerca di dar ragione del comportamento individuale ponendo attenzione al quadro in cui il singolo agisce, guardando all’ambiente in cui è inserito, esplorando le relazioni in cui è immerso, considerando l’importanza del contesto. In questo senso la famiglia assume un ruolo centrale nella produzione, e di conseguenza nella risoluzione, di un sintomo.

Perciò, in quest’ottica, le fragilità di un singolo vengono spesso inquadrate come prodotte da un intero sistema e, a loro volta, queste stesse fragilità vengono influenzate dalle relazioni che gli altri componenti del contesto sviluppano: il sintomo allora non designa un paziente da curare ma un intero sistema che agisce in maniera disfunzionale e sul quale intervenire, anche cercando individualmente di dare una nuova lettura ad atteggiamenti, valori, credenze.

La prospettiva sistemico relazionale è la cornice entro la quale mi muovo. Questo approccio nasce negli anni ‘50 negli stati Uniti, sulla scia della Teoria della Prima e della Seconda Cibernetica e della Teoria dei Sistemi, grazie al contributo di Von Bertalanffy, Bateson, Jackson, Haley, Watzlawick, Bowen e si diffonde in Italia negli anni ‘80, grazie all’opera di Mara Selvini Palazzoli, Giuliana Prata, Luigi Boscolo e Gianfranco Cecchin.

L’orientamento sistemico relazionale cerca di dar ragione del comportamento individuale ponendo attenzione al quadro in cui il singolo agisce, guardando all’ambiente in cui è inserito, esplorando le relazioni in cui è immerso, considerando l’importanza del contesto. In questo senso la famiglia assume un ruolo centrale nella produzione, e di conseguenza nella risoluzione di un sintomo.

Perciò, in quest’ottica, le fragilità di un singolo vengono spesso inquadrate come prodotte da un intero sistema e, a loro volta, queste stesse fragilità vengono influenzate dalle relazioni che gli altri componenti del contesto sviluppano: il sintomo allora non designa un paziente da curare ma un intero sistema che agisce in maniera disfunzionale e sul quale intervenire, anche cercando individualmente di dare una nuova lettura ad atteggiamenti, valori, credenze.